La Lavatrice e la Cinghia: Riflessioni sul Ciclo del Consumo

Una giornata come tante: lavoro, figli, qualche commissione, e poi torni a casa e trovi la lavatrice che non funziona. Tua moglie è disperata, ti dice che ha una montagna di panni da lavare e che senza la lavatrice non può fare.

A quel punto pensi alle soluzioni: chiamare un tecnico? Non perdere tempo e andare subito a comprarne una nuova oppure armarti di cacciavite e pinze e tentare la strada della riparazione fai da te.

La lavatrice ha ormai 8 anni, ma finora ha funzionato bene. Comprarne una nuova comporterebbe un notevole dispendio di energie, non solo in termini economici ma anche di tempo. Oltre all’acquisto, ci sarebbe poi da trasportarla, installarla, rimuovere la vecchia e chiamare qualcuno per smaltirla. Una lavatrice, poi, pesa molto e, anche senza dover fare le scale, servono almeno due persone per portarla fino al portone. Inoltre, buttare via qualcosa che forse è ancora integro è sempre un peccato mortale.

Un vero e proprio spreco di energia, che crea un’aura di negatività nella propria vita. Forse molti non comprenderanno quanto dico sull’energia, ma personalmente, e non sono certo l’unico, sono convinto che le nostre azioni determinano la nostra felicità. L’energia, intesa come l’impatto dei nostri pensieri, emozioni e azioni, gioca un ruolo cruciale nella nostra felicità. Pratiche che promuovono la positività e la consapevolezza, evitando comportamenti che favoriscono l’apparenza e il consumo superficiale, possono contribuire significativamente al nostro benessere. Una delle più grandi dispersioni di energie avviene certamente buttando oggetti che potrebbero ancora avere un’utilità. Il mondo frenetico dei consumi e degli oggetti di bassa qualità, talvolta calibrati attraverso l’obsolescenza programmata, fa sì che questo succeda quotidianamente, non solo con gli elettrodomestici, ma anche con semplici cose come le bottiglie di plastica. Energie negative che producono altre energie negative. Pensate appunto all’acqua in bottiglia: le persone prendono l’auto per andare al supermercato, fanno code alla cassa, trasportano le bottiglie a casa e, una volta consumate, riempiono sacchetti di spazzatura per buttare le bottiglie vuote. Bottiglie che tra l’altro potrebbero essere ancora riutilizzate. Quante energie vengono bruciate in questo ciclo e in tanti altri che coinvolgono le nostre vite quotidiane? Ma soprattutto, a quante passeggiate, cene con amici, momenti di serenità o riflessione rinunciamo in questo meccanismo? Non è banale come sembra: il tempo impiegato in questo vortice di cattive abitudini ci ruba, oltre che l’anima, anche del prezioso tempo.

Tornando alla lavatrice, ho deciso di provare a ripararla. Non sono mai stato particolarmente abile nei lavori manuali e nel fai-da-te, ma col passare del tempo mi rendo sempre più conto di quanto sia importante e gratificante riparare o realizzare qualcosa con le proprie mani. La società di oggi ci spinge verso professioni come dottori, avvocati, ingegneri, contabili o impiegati da scrivania, ma la verità è che c’è una grande nobiltà nell’uso delle mani per fare qualcosa di concreto.

Ancora una volta mi rendo conto di essermi dilungato troppo e cerco di tornare al problema della lavatrice. Dopo un primo controllo, individuo subito il guasto: la cinghia si è staccata dall’asse del motore. Provo a rimetterla in posizione e avvio la lavatrice, ma la cinghia si stacca nuovamente. Mi rendo conto che c’è qualcos’altro che non va. Consultando internet, scopro che questo problema è comune quando la cinghia è usurata o ci sono cuscinetti rotti, cosa che può accadere dopo 8 anni di utilizzo. Nonostante tutto, identifico il problema e come risolverlo. Decido di recarmi immediatamente al negozio di ricambi. Il commesso è cortese e mi consiglia di iniziare con il cambio della cinghia, un’operazione semplice e veloce. Se il problema persiste, potrebbe essere necessario sostituire anche i cuscinetti, ma conviene prima provare con la cinghia. Acconsento e procedo con l’ordine del pezzo. Tuttavia, resto sconcertato quando il commesso mi comunica il prezzo: 55 euro per una cinghia originale, un costo eccessivo considerando che il suo valore fabbrica potrebbe stimarsi al massimo in 1 o 2 euro. Il commesso spiega che, se dovessi cambiare anche i cuscinetti, potrebbe non essere conveniente, considerando che la lavatrice non è più in garanzia e ha già 8 anni di vita.

Penso che non abbia tutti i torti e torno a casa rinunciando all’acquisto. Provo a fare una ricerca su internet e trovo la cinghia non originale ma compatibile a 18 euro, un prezzo comunque alto ma molto minore rispetto all’originale. Resta l’incognita dei cuscinetti e nel frattempo mia moglie mi assilla sul fatto che senza la lavatrice è una donna morta. Mai togliere una lavatrice a una donna, le farei un gran torto. “Questo devo insegnarlo a mio figlio”, penso tra me.

Successivamente, mi ricordo improvvisamente di avere in garage una lavatrice quasi nuova, ricevuta in regalo pochi anni prima, e in breve tempo la rimonto per la gioia di mia moglie. Nel frattempo, la vecchia lavatrice rimane ancora in lavanderia, ancora aperta. Riflettendo, considero che smontandola pezzo per pezzo, dati i costi esorbitanti dei ricambi, potrebbe valere più che nuova. “Che peccato!” penso ancora una volta. Quanto possiamo essere ingenui a volte, noi uomini. Presto, altra energia sarà sprecata, poiché dubito che qualcuno recupererà i componenti una volta che la smonterò. Tuttavia, forse nel frattempo proverò comunque a ripararla, anche solo per soddisfazione personale. Infine, rifletto: tutta questa considerazione per una banale cinghia, un pezzo di plastica dura che arricchisce le casse dei grandi produttori, che speculano sulla nostra incapacità di trovare alternative al gettare tutto, anche ciò che potrebbe avere una lunga durata. Alla fine, riparare da soli non è solo una soluzione pratica ed economica, ma può anche dare grande soddisfazione e promuovere un utilizzo più consapevole e sostenibile delle risorse.

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