“C’era una volta… un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
Queste prime righe introducono una delle più celebri favole per bambini, scritta da Carlo Collodi. Il pezzo di legno di cui si parla è quello che, nelle mani del falegname Geppetto, prenderà vita trasformandosi nel burattino Pinocchio, dando inizio a una serie di avventure straordinarie.
Parafrasando Collodi, autore della celebre favola per bambini, potremmo recitare qualcosa più a tema con i nostri giorni:
“C’era una volta… un supereroe!” penserete subito, ragazzi. No, amici, vi sbagliate. C’era una volta un pezzo di plastica.
Proprio così, perché quel pezzo di legno citato da Collodi, nelle mani del falegname Geppetto, doveva diventare un burattino capace di ballare, tirare di scherma e fare capriole. L’idea era di guadagnarsi da vivere con le sue esibizioni. Tuttavia, quel pezzo di legno si rivelò speciale: una volta scolpito, prese vita e diventò il famoso burattino Pinocchio, dando inizio a una serie di avventure e disavventure.
Pinocchio, inizialmente, non era altro che un gioco per bambini, nato dalla lavorazione di un pezzo di legno. Oggi, invece, non esistono più giocattoli in legno o metallo; tutti i giochi sono fatti di plastica.
L’uso della plastica per costruire giocattoli iniziò negli anni ’40 e ’50 del XX secolo, per sopperire agli alti costi del legno e del ferro. Da quel momento, la plastica è diventata il materiale più utilizzato per la costruzione di giocattoli. Questo cambiamento ha portato a un crescente consumo di giocattoli. Il lato positivo fu che i bambini ebbero giochi che prima di allora le loro famiglie non potevano permettersi, ma così si è anche introdotto l’idea dell’usa e getta, del consumo compulsivo e degli “status di possesso”.
Oggi, i nostri bambini sono sommersi dai regali di nonni, parenti e amici. Regali che, per l’abbondanza, non riescono ad apprezzare veramente. Spesso, dopo un primo entusiasmo, la bambola o la macchinina regalata, finiscono dimenticati in un angolo della stanza.
Questo è grave, perché per i bambini, il giocattolo non è più quel tramite di fantasia, sogno e creatività, ma si riduce a un mero status; un oggetto da possedere, spesso solo per la spinta di un marketing aggressivo o per una prematura voglia di apparire o appartenere ad un gruppo.
Tutto ciò va a discapito della creatività, della fantasia e della capacità di esprimere il proprio potenziale attraverso il gioco.
Essendo padre di due figli, ho lottato contro questo meccanismo. Ho sempre sostenuto che pochi giocattoli bastassero: una macchinina o una bambola, dei pennarelli, qualche gioco in scatola e qualche LEGO.
Tuttavia, nonostante avessi avvertito amici e parenti del mio pensiero, i miei figli hanno continuato a ricevere montagne di giochi, talvolta anche doppioni, che si sono accumulati nella loro cameretta per poi essere dimenticati e traslocati infine nel garage. Ogni anno mi sono trovato così a dover smaltire sacchi di giochi. A volte li abbiamo donati, ma nella maggior parte dei casi, li ho portati all’isola ecologica, in quanto nessuno li voleva.
Ogni volta che ho fatto quel tragitto verso la discarica, è stato un colpo al cuore. Vedere quella massa di giocattoli inanimati raccolti nei sacchi mi faceva riflettere su quanta energia, denaro e risorse fossero sprecati. Ogni sacco poteva contenere centinaia di euro spesi, ore di lavoro perse per produrli, trasportarli, imballarli e questo solo per finire tra i rifiuti dopo pochi anni
Tutto ciò è incredibile e, secondo me, rappresenta una delle cause più profonde di infelicità per molte persone e dello spreco di energia. Si tratta di energia umana che potrebbe essere impiegata in mille altri modi. Inconsciamente, credo che molti di noi soffrano silenziosamente a causa di questa piaga che genera infelicità. Ogni giorno compiamo azioni sciocche, come gettare giocattoli o altri oggetti acquistati quasi senza senso e che hanno avuto pochissima utilità; lo facciamo senza rifletterci, senza porci le domande giuste. Sono convinto che questo spreco di energie faccia male alla maggioranza delle persone.
“Forse molti, a questo punto, si saranno chiesti: ‘Ma è davvero tutta colpa della plastica?’
Il nostro blog, ‘Tutta colpa della Plastica’, ha un titolo deliberatamente provocatorio. Non possiamo negare che la plastica abbia portato innumerevoli benefici alla società moderna, ma allo stesso tempo ha promosso la mentalità dell’usa e getta e del consumismo smodato, oltre a causare alti livelli di inquinamento e cambiamenti negli stili di vita e nelle relazioni sociali. La plastica è quindi il nostro ‘capro espiatorio‘, su cui riflettere per generare un cambiamento.”
Per quanto riguarda i bambini e la loro relazione con i giocattoli, non possiamo attribuire loro la colpa. Siamo noi adulti a dover loro far comprendere il valore delle cose, renderli consapevoli, aiutarli a sviluppare la loro fantasia e creatività, e a migliorare le loro capacità manuali e intellettive.
Per un genitore consapevole, non è comunque facile. Anche se superiamo il cliché del regalo obbligatorio, rimane la pressione esterna di nonni, parenti e amici pronti a regalare giocattoli che finiranno molto probabilmente nella spazzatura.
Per questo motivo, ritengo che il ruolo dei genitori sia particolarmente difficile oggi. La società infonde nei nostri figli abitudini sbagliate. Se si vuole fare un regalo, è meglio pensare a un’esperienza: una gita, una serata al cinema, un libro o semplicemente del tempo da trascorrere insieme
Per quanto riguarda i bambini e la loro relazione con i giocattoli, non possiamo attribuire loro la colpa. Siamo noi adulti a dover loro far comprendere il valore delle cose, renderli consapevoli, aiutarli a sviluppare la loro fantasia e creatività, e a migliorare le loro capacità manuali e intellettive.
Quando i miei figli erano piccoli, ho deciso di rinunciare a alcune ore di lavoro e, invece di mandarli tutti a scuola per l’intera giornata, abbiamo optato per entrambi per l’uscita all’ora di pranzo.
Abbiamo colto così l’occasione per trascorrere del tempo insieme, dedicando i pomeriggi a varie attività: a volte facendo lavoretti manuali di vario tipo, altre volte cucinando torte o biscotti, e altre ancora facendo semplici passeggiate.
E al di là della “poesia” che può essere vista in tutto questo, non è stato facile come si potrebbe pensare. Quello che voglio dire è che c’è stato uno sforzo anche per me nel passare i pomeriggi a fare lavoretti con la carta o provare ricette in cucina, semplicemente perché, in molte occasioni, non ne avevo realmente voglia. Come dicevo, al di là della visione romantica del padre che accudisce i figli, un adulto ha spesso altre esigenze e desidera impiegare il proprio tempo in altro modo.
Capisco che esprimere così apertamente, in modo crudo e diretto questo concetto, potrebbe sorprendere qualcuno, ma è la mia verità e sono piuttosto sicuro che sia anche la verità di altre mamme o papà.
Malgrado ciò riflettendo su quel periodo e sul tempo che ho dedicato ai miei figli, rinunciando al lavoro o al tempo per me stesso, ne vado molto fiero. Conservo bellissimi ricordi di quei giorni e credo che anche i miei figli ricorderanno sicuramente alcuni di quei pomeriggi trascorsi insieme e trarranno ispirazione per migliorare la qualità della loro vita in futuro. Inoltre, quel periodo ha rafforzato notevolmente il rapporto padre-figlio. In altre parole, posso dire che l’investimento emotivo e di tempo di quel periodo ha dato e continua a dare i suoi frutti.
Infine, da una persona comune, senza particolari competenze in psicologia o pedagogia, mi sento di dire a tutti i genitori di pensare meno a regalare giocattoli ai nostri figli e di dedicare il maggior tempo possibile a trascorrere del tempo con loro, soprattutto quando sono ancora piccoli.
E’ sempre tutta colpa della plastica.